I dati e i processi in corso ci dicono che la presenza di stranieri è destinata ad aumentare nelle città e anche nei piccoli paesi. Dato per acquisito che a tutti devono essere garantiti i diritti e forniti i servizi conseguenti, non si può trascurare il fatto che, frequentemente, la presenza degli stranieri può generare nella popolazione autoctona disorientamento e paura, e divenire fattore di destabilizzazione della convivenza a livello locale, alimentando dinamiche di insicurezza e di conflitto.
Di conseguenza, se c'è da stare a fianco degli immigrati nell'affermazione e nella difesa dei loro diritti e nel loro difficile percorso di integrazione sociale, c'è anche da stare vicino a chi vive questo cambiamento con difficoltà, garantendo l'ascolto e il sostegno necessario, riconoscendo e valorizzando la fatica del cambiamento. In altre parole c'è da farsi carico della comunità nel suo insieme per favorire la convivenza sociale.
Affrontare la questione immigrazione con un approccio di comunità significa innanzitutto riconoscere il legame che c'è fra le vicende individuali dei migranti e quelle della comunità di cui divengono membri – e che costruiscono insieme agli altri – e il necessario riconoscimento dei diritti e dei bisogni di tutti.
I processi migratori sono, infatti, fenomeni complessi e molto diversificati, che vanno letti ed analizzati con strumenti adeguati: se il contesto e le condizioni di partenza rappresentano variabili importanti, ancor di più conta la situazione di arrivo, determinata dal modo in cui vengono ricostruite reti sociali più o meno legate alle comunità di appartenenza, dal rapporto con i servizi e le risorse del territorio, dalla possibilità di partecipare e avere una rappresentanza. Questi fattori possono generare interazioni positive, oppure innescare dinamiche di esclusione/auto-esclusione.
Nella comunità locale, inoltre, i vari attori reagiscono alla presenza degli immigrati in modo differenziato e fra loro si creano giochi di conflitti e di alleanze, di attese e di pretese, di lealtà e di tradimenti, di inviti e di rifiuti, di successi e di delusioni, di accuse e di solidarietà reciproche. È in questo contesto che i migranti devono inserirsi ed è in queste dinamiche che tutti devono costruire una relazione, possibilmente soddisfacente.
Entrare in contatto, riconoscere e farsi carico sia delle fatiche di chi nella realtà della convivenza quotidiana condivide lo spazio con i nuovi arrivati, che delle difficoltà di chi si trova a ricostruirsi una vita in contesti nuovi e sconosciuti, comprendere le dinamiche sociali di cui tutti sono artefici e “vittime” al tempo stesso, è un modo anche per andare oltre le accuse di intolleranza e di razzismo da un lato, di chiusura e arretratezza dall'altro, mosse spesso da chi non vive personalmente i problemi. è un modo, inoltre, per andare oltre ai modelli assimilazionisti o multiculturalisti, che troppo spesso prevedono interazioni tra “culture” e non tra singoli, senza prendersi cura delle relazioni tra persone, che sono le uniche che possano realmente costruire nuove comunità coese.
Con il nostro lavoro ci proponiamo di: